Sfruttamento del lavoro: ristorazione e agricoltura fra i settori più colpiti
di Lorenzo Vullo – pubblicato su gazzettadisiena.it
“A Siena abbiamo riscontrato uno sfruttamento lavorativo soprattutto nella ristorazione, nell’ambito alberghiero e nei servizi in generale, i settori più colpiti dalla pandemia. Abbiamo notato anche la presenza di piccole organizzazioni criminali nell’agricoltura, un settore molto importante per quanto riguarda l’economia senese”.
E’ quanto è emerso dall’indagine “Le ombre del lavoro sfruttato”, presentata questa mattina da Provincia di Siena e Arci Siena.
Si tratta di un’indagine sullo sfruttamento lavorativo in Italia, in particolare focalizzato su tre province toscane: Siena, Lucca e Grosseto. L’indagine si è svolta tramite il progetto Satis, il Sistema Antitratta Toscano Interventi Sociali, con la presentazione dei dati relativi al nostro territorio provinciale.
Giulia Modafferi ha effettuato in prima persona le ricerche nel territorio senese: “A Siena – ha detto la ricercatrice – abbiamo riscontratouno sfruttamento lavorativo soprattutto nella ristorazione, nell’ambito alberghiero e nei servizi in generale, i settori più colpiti dalla pandemia. Abbiamo notato anche la presenza di piccole organizzazioni criminali nell’agricoltura, un settore molto importante per quanto riguarda l’economia senese. Il lavoratore vittima è solitamente un soggetto molto debole e vulnerabile, che spesso coincide con un basso livello culturale e una precarietà giurisdizionale. Un fattore determinante è la mancanza dei trasporti, che porta ad un orario lavorativo maggiore e una retribuzione minore. La tipologia di sfruttamento che prevale è quella del lavoro grigio, quindi con pagamenti del salario a cottimo, oppure contratti a termine o stagionali. Sono emersi anche problemi di inquadramento professionale, cioè manzioni che troppo spesso cambiano e lavoratori che diventano tuttofare”.
La conferenza è stata presentata dalla responsabile del progetto Roberta Guerri, che si è mostrata entusiasta del lavoro svolto e soprattutto del percorso che l’associazione ha saputo portare avanti in tutti questi anni. “Il progetto Satis – ha detto – contrasta la tratta e lo sfruttamento lavorativo con la messa in atto di interventi a favore delle vittime”.
Roberta Guerri ha sottolineato il fatto che questo gruppo di persone, nato negli anni novanta, tramite finanziamenti di enti esterni, è riuscito a crescere e ad ottenere i risultati che vediamo oggi. “Nell’ambito di questo progetto ci siamo molto sviluppati; siamo partiti da problematiche solamente sessuali fino ad arrivare a trattare lo sfruttamento lavorativo, approfondendo la ricerca in tre province. Ci deve essere una comunione di intenti – ha proseguito Roberta Guerri – riguardo a questo fenomeno, una stretta collaborazione fra pubblico e privato che ci ha permesso di raccogliere tante informazioni”.
E’ poi intervenuto Alessandro Campani, direttore della zona della Versilia, e vero e proprio coordinatore del progetto: ” E’ un progetto in cui credo, per i temi che affronta e per come è stato costruito. E’ un progetto che funziona bene in territori molto vasti solo quando si riesce a collaborare, un plauso a tutto il sistema”.
Ha poi preso la parola Serena Mordini rappresentate del progetto Satis, che ha portato avanti tutto il lavoro di contrasto e interventi a favore delle vittime. “Satis – ha spiegato – è organizzato in maniera tale che è riuscito a non fermarsi mai anche nell’emergenza covid”. “Abbiamo un numero verde – ha aggiunto ricordando che la situazione di emergenza che vissuta ha aumentato i disagi da un punto di vista sanitario, sociale, ma soprattutto lavorativo – con un centralino aperto h24, che è un componente vero e proprio del coordinamento unico del lavoro, dopo di ché iniziano le attività di ricerca. Abbiamo anche le unità di strada che hanno una menzione di monitoraggio; sono le nostre prime sentinelle territoriali e sono quelli che per primi contattano le persone in difficoltà. Ci sono tanti sportelli di ascolto e la possibilità di avviare colloqui personali. Abbiamo molte strutture di accoglienza dove arriva chi intraprende questo percorso, e con i contributi regionali finanziamo i progetti delle persone nel momento di uscita dai nostri centri (affitto di una casa, baby-sitting). Aiutiamo queste persone su più livelli.
E’ poi intervenuta Serenella Pallecchi, presidente dell’Arci Siena, che si è mostrata orgogliosa di presentare la ricerca con il focus sul territorio. Il progetto è nato nel 2002, iniziando con piccole collaborazioni nella provincia, e siamo arrivati ad avere un centro e ad aiutare decine di donne vittime di violenze. “Siamo riusciti a costruire – ha detto – insieme a loro un progetto di vita. Il nostro obiettivo è supportare le persone da un punto vista materiale e psicologico, affinché riprendano in mano la propria vita. C’è una rete che ci ha aiutato: il comune di Siena, la provincia e soprattutto la Questura che si è da subito mostrata sensibile all’argomento, e ha sempre collaborato anche per il reinserimento sociale delle nostre donne. La ricerca di oggi è importante perché ci permette di fare un percorso di sensibilizzazione del nostro territorio”.
Ha preso poi la parola Andrea Cagioni, vero e proprio coordinatore del lavoro di ricerca nelle province di Siena, Lucca e Grosseto, che ha illustrato come si è svolta l’attività di ricerca. “La ricerca ha due obiettivi: portare elementi di conoscenza e approfondimento sullo sfruttamento del lavoro, fondamentale per poi attuare interventi sociali; e conoscere nelle tre province altri soggetti attivi riguardo questo fenomeno, in un’ottica di potenziamento di interventi sullo sfruttamento lavorativo. Abbiamo agito tramite interviste, 85, di cui 2/3 dedicate ai testimoni privilegiati, cioè soggetti con competenze specifiche nel territorio come per esempio sindacalisti, e 1/3 dedicate ai lavoratori”.
“Lo sfruttamento del lavoro – ha continuato Andrea Cagioni – è un fenomeno complesso che si articola in molti sottoinsiemi. Noi abbiamo approfondito questi due elementi: capolarato e lavoro sommerso. Ascoltando le esperienze dei lavoratori ci siamo resi conto che il genere è un elemento fondamentale; le donne sono più vulnerabili e molto spesso finiscono vittime di atti discriminatori anche in ambito lavorativo. Un’altra variabile importante è il colore della pelle, un fattore che può avere la sua importanza per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo. Ci siamo accorti che fra Siena e Grosseto il capolarato è molto diffuso, soprattutto in agricoltura. C’è una dimensione economica dello sfruttamento lavorativo, con forme di assenza di pagamento o sottopagamento di prestazioni lavorative; oppure lavoratori con buste paga e accredito dello stipendio ma poi costretti a restituirne parte al caporale stesso. Per quanto riguarda le donne abbiamo riscontrato numerose violenze sia fisiche che sessuali. Altri abusi sono connessi all’irregolarità dei permessi di soggiorno o alla precarietà dei richiedenti asilo”.
24 marzo 2021 – vedi articolo originale su gazzettadisiena.it